Come riconoscere un buon Olio Extravergine di Oliva senza essere degustatori esperti.
Per riconoscere un buon Olio Extravergine di Oliva non è necessario essere degustatori esperti, ma basterà affidarsi ai propri sensi e individuarne le caratteristiche organolettiche. Ma quali sono, e in che intensità si devono presentare tutti i profumi e i sapori propri di questo prodotto, per rendere un Olio Extravergine di Oliva davvero di qualità superiore? Ecco le principali sfumature organolettiche che potrete apprezzare assaggiando un olio extravergine di oliva:
Anche l’olio, analogamente al vino o ad altri prodotti alimentari, può presentare dei difetti che sono il segnale di una qualità più bassa o di una cattiva conservazione. I principali difetti che si possono riscontrare in un olio sono quelli di rancido (odore sgradevole dovuto ad un’alta concentrazione di perossidi), e di riscaldato o morchia (presente quando il lasso di tempo che separa la raccolta dall’inizio della lavorazione è troppo lungo). La presenza di uno solo di essi causa la declassazione a olio vergine d’oliva.
Posto il primo parametro per poter parlare di olio extravergine d’oliva nell’acidità (come spiegato qui), quello che viene subito dopo in ordine di importanza riguarda i Polifenoli. Più alto è il contenuto di polifenoli, maggiori sono le sue qualità organolettiche, e più elevati saranno anche i benefici sulla salute. Indice di un buon processo produttivo, i polifenoli conferiscono all’olio extra vergine di oliva il caratteristico sapore amarognolo e piccante e ne garantiscono una maggiore conservabilità nel tempo proteggendolo dall’ossidazione.
Indice di difetti è invece il valore del contenuto di Perossidi. Queste sostanze si sviluppano a seguito della reazione degli acidi grassi con l’ossigeno, seguendo un processo favorito dall’esposizione alla luce, all’aria e ad alte temperature.
Una cattiva lavorazione ed un cattivo stato di conservazione determinano diminuzioni anche nel contenuto di Tocoferoli. Volgarmente noti come Vitamina E, i tocoferoli sono normalmente presenti nell’olio in quantità oscillanti fra i 150 e i 300 mg/kg.
Parametri ancor più specifici permettono infine di riconoscere gli oli ottenuti con l’aggiunta di olio di sansa e oli raffinati. I valori K232 e K270 sono in grado di riferire se è avvenuta l’aggiunta di olio rettificato, e sono calcolati mediante una lettura spettrofotometrica. Il contenuto in Cere invece ci rivela la presenza di olio di sansa: le cere sono sostanze contenute nelle bucce delle olive, con funzione protettiva, che vengono eliminate in fase di lavorazione. L’olio di sansa tuttavia ne è particolarmente ricco.
Alle analisi di laboratorio vengono affiancati i cosiddetti Panel Test, delle prove condotte da esperti e qualificati assaggiatori, in numero di 8-12 membri, che valutano con un punteggio le qualità organolettiche dell’olio e la eventuale presenza di difetti.
Il colore non è importante per la valutazione di un Olio Extravergine di Oliva. I diversi colori dell’olio, dal giallo chiaro al verde intenso, derivano infatti da diverse concentrazioni di clorofille e caroteni. Queste due componenti si ritrovano in percentuali diverse a seconda della tipologia di cultivar, del momento della raccolta, dalla tipologia di estrazione. Non essendo il colore una componente fondamentale per distinguere la qualità di un olio, nelle degustazioni si utilizzano bicchierini blu che lo nascondono. Ciò a cui fare attenzione è che il colore non si avvicini all’arancione, segno di un olio ormai irrancidito.
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